mercoledì 27 maggio 2009

Raduno Verdazzurre: un’escursione a “scatola chiusa”



Leggere questo titolo dell’annuncio sul giornale ha destato in me qualche perplessità (non sapendo nulla delle famose “settimane” *). Dopo una certa esitazione ho scartato l’ipotesi che si trattasse di una combriccola di ragazze extraterrestri goliardicamente riunite sulla terra a celebrare le loro imprese su mondi lontani, a conquistare che so, strani ciclopici giganti o ad amoreggiare con piante carnivore. Restava il rebus di questo accostamento di colori al femminile. Ragazze membri di un club vegetariano insieme a quelle di un istituto oceanografico?
Al mio arrivo, intanto, mi accorgo con sollievo che le partecipanti femminili non sono né verdi né azzurre, né tantomeno verdazzurre (magari a strisce) ma hanno un colorito assai più piacevole e soprattutto molto meno inquietante, cosa che sembra escludere del tutto l’ipotesi “aliene”.
Poi vengo anche informato sul vero significato occulto di quel “verdazzurre”. Si tratta di un codice segreto in base al quale vengono compiute strane camminate rituali (forzosamente faticose) al chiaro di luna; se poi la luna non c’è, pazienza, tanto le braccia forti per estrarre le persone dai fossi non mancano. Per quelle che cadono nei precipizi niente paura: basta comporre il 118 sul cellulare. Ho anche appurato che il termine “settimane” che accompagna il “verdazzurre” indica il periodo di tempo in cui, mediamente, si rimane a vagare nella foresta dopo essersi smarriti per l’appunto durante la camminata notturna. Infatti il soccorso alpino non ne può più di questa associazione e degli straordinari che gli tocca fare per recuperarne i membri dispersi. Tipo: “Come è andata la tua settimana verdazzurra?” “E’ stato fantastico! Ho smarrito la suocera al primo giorno e non si è più trovata!”
Ospiti di un bellissimo castello-ostello , strano connubio di antico e moderno, in cui non manca il fatidico fantasma, ma in cui le porte nemmeno cigolano sinistramente quando le apri – che delusione - ci ritroviamo la sera dopo una pioggia battente.
E iniziano a fioccare le battute che provocano istinti assassini:
“Che pioggia! Ho la valigia piena d’acqua!”
“Sfusa o in bottiglie?”
Andiamo avanti, stendendo un velo di pietoso silenzio sullo scambio che segue questo esordio poco diplomatico.
Sorvoleremo anche sul detto preferito del padre dell’organizzatore, citato illustrando certe foto di avvenenti fanciulle appiccicate sulla porta della capanna di un eremita incontrato in gite precedenti, secondo il quale un certo particolare anatomico femminile avrebbe più forza di trazione di un carro di buoi. Potenze della genetica moderna! Ma che avrebbe detto Einstein?
La cena pantagruelica che viene servita da camerieri innervositi per il ritardo dei partecipanti è carica delle loro vibrazioni; io, perlomeno, le ho sentite sullo stomaco tutta la notte. E non venitemi a raccontare che sono state le due bottiglie di lambrusco che mi sono bevute. No, e neanche i quindici pezzi d’erbazzone che ho ingurgitato. No, e neanche i sette spicchi di parmigiano …Vi dico che è tutta colpa dei camerieri, e non fate quella faccia!! Certo, non dico che abbiano rivendicato il famoso detto di Lucrezia Borgia mentre serviva gli spaghetti ai suoi ospiti (“i vostri primi saranno gli ultimi”, sussurrava loro con un tenero sorriso), però la loro parte per rendere indigesti i cibi l’hanno certamente fatta. Che abbiano mentalmente inscenato un simbolico “V” day in memoria di Grillo?
Comunque,bisogna camminare…e cammineremo. Non sulle acque, come successe quella volta che l’evangelista che citò il fenomeno fu poi arrestato per detenzione di stupefacenti, ma comunque è un cammino che ci porta verso la “santità” di un angolo di Tibet.*2
Ignorando la leggerezza spirituale dell’atmosfera, l’invito implicito a distaccarsi dai piaceri del corpo, e l’aspirazione a nutrirsi di alimenti più consoni all’elevazione interiore, i nostri ne fanno sfacciatamente teatro delle loro abbuffate di panini presumibilmente contenenti carni stagionate, per poi esibirsi nel più colossale spaparanzamento generale che le panchine locali abbiano mai sopportato. L’indecoroso spettacolo è stato comunque doverosamente immortalato fotograficamente, e chissà che qualche coscienza, di fronte all’evidenza della sua piccolezza e materialità, non senta il rimordimento che dovrebbe. Insomma, si sa che la carne è debole, ma anche il formaggio,poi!
Nella risalita verso il posteggio delle macchine un membro della comitiva ci rallegra con canti pseudo-gregoriani. Per poco non viene canonizzato, cioè preso a cannonate. Un altro membro scopre di avere – penso come reazione spontanea dell’organismo alla voce dell’improvvisato menestrello – un improvviso e impellente bisogno corporale.
E siamo giunti al momento clou del raduno: il grande banchetto finale, che ricorda il platonico simposio. L’urgenza e l’obbligo del brindisi, come al tempo del filosofo, vengono puntualmente rispettati: e in effetti la susseguente passeggiata al chiaro di luna ne testimonia gli effetti, perchè i chilometri fino al castello, che per l’organizzazione dovrebbero essere due, diventano quattro. Ma dopo tutte quelle bevute, che c’era da aspettarsi? Vedere doppio è fuori moda, fare doppia strada è il nuovo verbo dei seguaci di questo novello Dioniso.
Ma d’altra parte il grande poeta Callimaco, citato ripetutamente dalla nostra ineffabile guida, diceva “Non camminerò mai sulle orme di altri”. Quindi, se dopo una camminata iniziata in Brianza vi ritrovate nei dintorni di Addis Abeba, non stupitevi più di tanto. E non dite che non vi avevo avvisato.
Simone

*Le “settimane verdazzurre” sono vacanze organizzate dall’associazione di trekking “In viaggio con Ric” che ha poi promosso il raduno dei partecipanti a quelle.
*2. Il borgo di Verogno (Canossa), ristrutturato e reso centro di devozione buddista da monaci tibetani

di Simone Sutra